Silvana Surace trasferisce sulla tela gli stimoli quotidiani della terra in cui vive, la Sicilia.
La terra natìa infatti le offre una miriade di incentivi, non solo paesaggistici, ma anche le concrete testimonianze artistiche di Salvatore Fiume e Renato Guttuso, pittori da lei molto amati e di cui inevitabilmente ha subito il carisma.
La Surace dipinge a “ragion veduta”, sia che proietti lo sguardo sull’agglomerato urbano o sul paesaggio, come in Terra e Focu intra o Cori, sia quando evade in una sorta di surrealismo sequenziale, come nella La Voce del Silenzio, simboliche testimonianze del suo aperto pensiero. Al tempo stesso introspettivo e immaginario. Di lei mi affascina anche la “coloristica efficace” e sempre pertinente al soggetto raccontato, che fa uso del colore puro conferendo alle sue tele una forza visionaria che rompe l’idea della pittura tonale classica.
Il risultato è una pittura che diviene una sinfonia benigna che risorge, distende, acquieta.
è facile allora innamorarsi dei suoi lussureggianti dipinti, ove troveremo personaggi che spesso non incontrano mai lo sguardo di chi osserva, perché l’osservatore è già dentro il quadro, con loro, ad accogliere la serena disponibilità all’incontro e al sogno.
C’è nella sua pittura una nota malinconica tipicamente siciliana e un fuoco nascosto, quasi trattenuto ma pronto a divampare alla prima scintilla.
Anche la sua nostalgia quindi è bonaria e affascinante e mai cede al rimpianto, allo sconforto, alla rinuncia, ma diventa sorprendente emanazione di un lirismo confortante e rassicurante che ci dice che il cammino non ci è sbarrato.
Abbiamo ancora la pittura, la musica, la poesia che ci invitano alla resistenza e alla purezza. Un caleidoscopio di variabili che, insieme, contribuiscono a formare un ampio campo florido dell’arte in Sicilia al femminile di cui la Surace è un autorevole protagonista.
